martedì 1 dicembre 2009

welcome, ma non aprire quella porta


“Sai? Vuole attraversare la Manica a nuoto per raggiungere una ragazza. Io non ho neanche attraversato la strada per fermarti”.

Vincent Lindon è Simon e mi piace un casino: è massiccio, ha la pancia, è orso. Ha chiuso una porta, per non vedere più cosa c’è al di là.

Calais è un inferno, un campo di clandestini a cielo aperto. Aspettano, aspettano mesi e mesi per andare di là, in Inghilterra. Ci vogliono 500 euro e un sacchetto di plastica: serve da chiuderci dentro la testa quando, nascosti in un camion, si rischia di essere scoperti da un micidiale strumento che la polizia usa per rilevare dal respiro la presenza di clandestini.

“Welcome” di Philippe Lioret è un film semplice, prevedibile come una tragedia greca. E ti lascia appeso al respiro.

È un film semplice, che racconta una storia complicata come quella dell’immigrazione clandestina, mossa, nella storia dei singoli, da motivazioni che posso essere più semplici di quanto non si immagini: non la guerra del paese da cui viene Bilal, l’Iraq, non la miseria, ma l’amore per una ragazza. Bilal per lei sfida la Manica e le polizie di mezzo mondo.