giovedì 4 ottobre 2007

Non mi venite a dire che in fondo era solo una bici

C’era la sera prima, sabato, appoggiata al muro della casa nel suo piccolo giardino. Non c’era più la mattina dopo, domenica. “Sembra unta dal Signore”, usava dire lei in sella a quella bici nuova fiammante, con ‘cannone’ da maschio, grigio scuro metallizzato come una berlina. Che rabbia! Ce l’avevo da neanche sei mesi!
Oddio, non che il modo con cui ne era entrata in possesso lei, fosse molto più legittimo. E' vero anche che non si era intrufolata in un giardino privato: l’aveva trovata abbandonata per strada. Nuova di zecca. Ancora con la garanzia infilata nel portapacchi. Nessun lucchetto, nessuno a tenerla d’occhio nel cuore della notte di città. Lei aveva fatto un giro lungo e dopo un paio d'ore la bici era ancora lì. Così se l’era portata a casa.
Se l’erano portata a casa: Giovanni era stato suo complice. E adesso Giovanni dov’era? Sparito anche lui, anche lui in una notte tra sabato e domenica. “Scusa, ho fatto tardi. Bacio, notte”, aveva scritto in un messaggio telefonico. Poi più niente; lei stava bene così, lui anche.
Ecco che cosa era successo: se ne era andato in bici! Come pure in bici era arrivato! Tre anni prima, nella Piazza Grande, Giovanni in sella al suo rottame, lei sulla sua ‘Romagna’ nera. S’erano fermati e chiacchierati per la prima volta. In bici anche il loro primo appuntamento: d’estate, al cinema all’aperto, poi di notte, verso la baracchina dei cocomeri, quindi pedalando sino a casa, con la camicia che si gonfia nell’aria della notte.
Solo la sua bici voleva sua moglie quando lo scoprì a casa di lei. Come dire: che me ne frega del marito, tienitelo, se ti diverte!
Certo, c’era stato qualche treno, qualche aereo; mica si arriva ovunque in bici. Ma su una bici rubata se ne era andata quella storia d’amore.