È la paura, la fregatura di tutto. Poi l’orgoglio, dietro cui si nasconde la paura, ovvio. E il risentimento: quello che è stato (la madre che scappa con un americano e li lascia lì, tre figli soli con il padre), attraverso cui Manfred rilegge il rapporto con le altre donne della sua vita.
Manfred è un montanaro. Duro come la pietra. Parla poco e se parla taglia, dà colpi d’accetta. Marina che – lo dice il nome – con quei monti non c’entra niente, c’arriva con un figlio appena nato. Un figlio che è venuto, cercato ma senza tanta convinzione, forse. Marina è una come noi, come me: non è venuta al mondo solo per fare figli, come le nostre madri. Allora fa fatica, si sente inadeguata, ostaggio di quel bimbo che piange sempre.
I due si incontrano. Si scontrano. Poi si rincontrano quindici anni dopo. Quando mollano, quando Manfred molla. Quando la smette di tenere duro, di difendere chissà cosa. No, si sa cosa: la sua paura di essere tradito, mollato un’altra volta. Di farsi male. Salvo poi farsi male da solo, più male ancora.
È un libro bellissimo quello di Cristina Comencini. S’intitola “Quando la notte”. Anche la copertina è bellissima: due mani nodose su una schiena nuda di donna. È una storia d’amore, è vero. Come se leggere storie d’amore implicasse la necessità di chiedere scusa agli altri che fingono di non leggerle. (È la paura la fregatura di tutto, ricordi?).
Ci sono lunghi periodi in cui divoro libri, ed altri in cui ciò non accade: mi distrae dai miei pensieri. Oppure non trovo libri che entrano in sintonia coi miei pensieri. “Quando la notte” l’ha fatto: all’inizio con poca convinzione, alla fine li ha travolti, ci si sono rispecchiati.
È un piccolo romanzo dalla scrittura secca. Pochi dialoghi; lo spazio è soprattutto per quello che i protagonisti si dicono, ma non dicono. Non è melenso, magari struggente. È un corpo a corpo. Una battaglia, come ogni costruzione d’amore. Non l’amore che costruisce una vita, un futuro, una famiglia. Un amore più sublime, per niente ideale, anzi carnale, ma che rimane lì, capace di passeggiarti a fianco per quindici anni.
“Credo di avere scritto un libro romantico – racconta Cristina Comencini in una intervista – anche se non in senso classico. C’è un ritorno al primario, all’istinto, all’idea che l’amore è un campo di battaglia”. Ancora: “L’amore tra un uomo e una donna non è dolce. Lo si conquista mediante l’attraversamento di una grande rabbia di genere. L’amore non è dolce, almeno non lo è all’inizio”.
A me son sempre piaciuti un sacco i campi di battaglia....
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