Maria deve aspettare. E l’attesa è la cosa che le è meno congeniale. Del resto, “tu sei una che ha sempre fatto tutto da sola”, le dice un amico. E se una fa da sola, decide lei come e quando.
Maria guarda l’amico e un po’ non capisce. Fa da sola perchè fa da sola, non per scelta, non per mancanza. Perchè le è congeniale, quello sì.
Maria aspetta un figlio, ma poco portata com’è all’attesa, lo partorisce di sei mesi. E allora deve imparare ad aspettare che il figlio, anzi la figlia, nasca una seconda volta.
Maria, a dispetto del nome, non è una che s’immola sull’altare della maternità. “Alla mia età non si fanno figli, non ci si innamora”, sostiene tra le lacrime, una tazza di tè e la prima ecografia. Lei, invece, c’è cascata in tutte e due le reti. Si è innamorata di Pietro e sostiene che non potrà mai più fare senza di baciargli il collo. Ma basta aspettare, anche lì, e Pietro “si scioglie nel fango di una pozzanghera”. Di Pietro è rimasta incinta, e si tiene il figlio anche se Pietro “non se la sente di fare un figlio perchè ne ha già uno”.
Sono entrata al cinema per “Lo spazio bianco” di Francesca Comencini molto prevenuta. Mi avevano detto che il film era bello. Però un film italiano..... su una quarantenne che fa un figlio......poi quell’orrida recensione di Escobar sul Domenicale del Sole24Ore di oggi, che pur parlandone bene, ammoscerebbe l’entusiasmo al cinefilo più bulimico: tutta una questione d’amore, aulica, retorica. Invece Francesca è la seconda Comencini che mi sorprende questa settimana. Maria/Margherita Buy è un personaggio riuscito perchè è laica, perchè al grande medico che le parla di attesa e speranza quando le deve spiegare che sua figlia nell’incubatrice è in pericolo di vita, lei chiede di fare il suo mestiere, di usare il suo linguaggio, che è il linguaggio scientifico. Di speranza e attesa parlino i preti, che fanno quel mestiere lì.
Maria deve aspettare la seconda nascita di sua figlia (o la morte, “ma mica posso andare in giro a dire che sto aspettando la morte di mia figlia”), ma rimane Maria: i suoi film, i suoi libri, il sesso, il suo mestiere di insegnante. La fortuna, forse, è quella di essere una madre con le rughe, senza la retorica della maternità. Viva, soprattutto se è un film italiano a ascegliere questa strada.
Maria va al cinema da sola. Io da sola ora vado a vedere “Lebanon”, tutta un’altra storia. Poi vi dirò.
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