Dodici milioni di abitanti, una lingua bella da vedere ma che improvvisamente ti riporta allo stato di analfabeta, e strade senza nome. A Tokyo gli indirizzi vanno a zone. Nome del quartiere e numeri civici disposti a caso: non dispari da una parte e pari dall'altra. Tanto meno in ordine progressivo. Quando qualcuno ti invita a casa sua, ti comunica il nome di una fermata della metropolitana, poi ti fornisce, per fax o per e-mail, una cartina dove i punti di riferimento sono palazzi, negozi, ogni cosa possa servire da orientamento.
Anche per i tassisti non è vita facile. I navigatori satellitari hanno migliorato le cose; fino a qualche anno fa era tutto un fermarsi a chiedere informazioni. Ma anche adesso può capitare che il taxista si arrenda, lasciandoti “nei pressi” della tua destinazione. E' là, fa capire: conviene andare a piedi. Salvo poi scoprire che per arrivarci devi fare ancora qualche chilometro.
Eppure a Tokyo non mi sono mai sentita persa. Ci sono città in cui immagini di avere già vissuto. Città che senti nel sangue, nelle orme dei piedi. Tokyo, per me, è una di queste.
Anche per i tassisti non è vita facile. I navigatori satellitari hanno migliorato le cose; fino a qualche anno fa era tutto un fermarsi a chiedere informazioni. Ma anche adesso può capitare che il taxista si arrenda, lasciandoti “nei pressi” della tua destinazione. E' là, fa capire: conviene andare a piedi. Salvo poi scoprire che per arrivarci devi fare ancora qualche chilometro.
Eppure a Tokyo non mi sono mai sentita persa. Ci sono città in cui immagini di avere già vissuto. Città che senti nel sangue, nelle orme dei piedi. Tokyo, per me, è una di queste.
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