venerdì 17 agosto 2007
Sfida di Ferragosto
La città d'estate è una sfida alle mie paure: il vuoto, la sospensione, l'assenza, la mancanza di punti di riferimento. Forse è per questo che da un po' di anni a questa parte mi ritrovo, più o meno per scelta consapevole, qui per buona parte d'agosto. E mi piace. Mi piace il senso di libertà che questa sfida mi regala, mi piace Bologna, così detestata per tutto il resto dell'anno, mi piace la comunità dei superstiti di cui ti ritrovi a far parte e di cui senti la solidarietà, mi piace il poter vivere la città senza fretta, senza fare niente, perdendosi. Magari può succedere, di tanto in tanto, anche nel resto dell'anno di ritagliarsi un giorno di cazzeggio, ma l'attività che fuori continua a premere e a fremere poi ti fa subito sentire in colpa.
D'agosto, no. E' tutto un altro mondo.
Da bambina non era dato che d'agosto restavi in città: venti giorni di montagna, partenza di buonora, "e quest'anno non voglio caricare tutte quelle valigie e valigine come gli altri anni". Raccomandazione inutile. Un viaggio in macchina di tre ore, tre e mezzo al massimo sembrava la traversata dell'oceano a bordo di una zattera. E mica parliamo del paleolitico del turismo: le autostrade c'erano già, le macchine filavano eccome. Era lo spirito che mancava, che non è mai stato dalla nostra. Dalle Dolomiti il giorno dopo ferragosto si commentava sul Carlino la foto di "Bologna, chiusa per ferie", col solito pedone padrone unico di via Rizzoli.
Così il primo ferragosto in città da sola, molti anni fa ormai, me lo ricordo come un'avventura, roba da pionieri. In moto, con un amore (che amore!) estivo, usciti di casa per cercare qualcosa da mangiare, tornati il giorno dopo, a forza di girovagare per strade di collina.
Ma Bologna non è più la stessa neanche sotto questo punto di vista e il giorno di ferragosto, macchina fotografica in spalla come un turista straniero, si fa fatica a trovare una strada deserta. La sorpresa è la sera, quando uscire di casa non è come uscire di case le altre sere dell'anno, è come cambiare stanza, fare il giro di una casa diventata più grande, la casa estesa a tutta la città. Si esce in ciabatte, infatti, nelle sere d'agosto. Poche auto, rumori domestici che scappano dalle finestre lasciate aperte. I pakistani non chiudono neanche a ferragosto, sulla soglia del negozio tutta la famiglia sta seduta a vedere il passaggio (??). Sono principalmente loro, i residenti stranieri, ad aver cambiato il volto della Bologna d'agosto: sono tanti e sembrano di più, meno stemperati tra i nativi perlopiù in vacanza.
L'immagine più bella di questa notte d'estate? La facciata della chiesa di via Cesare Battisti (come si chiama?) finalmente sgombra da macchine. Sull'angolo solo una Cinquecento bianca, troppo in là negli anni per affrontare gli spostamenti verso mai e monti. La più inquietante? Un monolocale, quasi uno scantinato a pianterreno. Dalla finestra socchiusa si vede un uomo che guarda una piccola tv incastrata nel mezzo di una libreria, di fronte una parte con archi, spade e fucili appesi. Speriamo bene...d'estate, i fantasmi della città sospesa nel tempo non si agitano solo per me.
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1 commento:
forse se passavi per ginostra...s.
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