mercoledì 5 novembre 2008

In treatment: dentro o fuori

Un'unica stanza con un divano consumato e una altrettanto vecchia poltrona. Due porte: una per l'ingresso, l'altra per l'uscita. Si entra da una parte, si esce dall'altra per non rischiare di incrociare il paziente successivo. Un bagno, protagonista occulto di molti fatti cruciali. Quattro pazienti, uno per ogni giorno della settimana: Laura l'anestesista il lunedì, Alex il reduce dell'Iraq il martedì, Sophie la promessa olimpica il mercoledì, Jake e Amy, la coppia, insieme il giovedì. C'è anche Paul, l'analista, il venerdì paziente lui stesso da Gina, sua vecchia trainer.
La racconti così e t'immagini che non succeda nulla. Solo gente che parla, parla, piange, parla, parla, a volte, anzi spesso, si arrabbia. Tuttavia, come succede tra le quattro mura dell'analista, di lì passa il mondo. Quello vero, nonostante le forzature della fiction, nonostante le incongruenze che a volte ci sono.
Da lì passa il mondo con le sue contraddizioni: nessuno è mai completamente buono o completamente cattivo, ha del tutto ragione o del tutto torto. Neanche Paul, l'analista, che si fa carico della vita dei suoi pazienti. Non solo per professione ma nemmeno per amore di carità, umanità. Puah! E' che Paul è uno di loro: vive nel mezzo di un casino, fa fatica, si dimena, ha senno, certo, ma anche passione. E quanta rabbia, lui come gli altri cinque. "Meglio di Bergman", ha scritto Grasso sul Corriere. "Brilliant", per dirla come direbbero loro, gli americani.
A proposito, parliamo di "In treatment": o sei dei nostri, o sei fuori. Sorry.
Alla faccia delle serie su carabinieri, poliziotti, preti, finanzieri, guardiacaccia, metronotte e custodi a vario titolo: da noi è il villaggio. Non quello globale, però, quello del sabato.

2 commenti:

vittorio bongiorno ha detto...

un po' di tempo fa girava la voce, in ambienti "fìscion" romani che volessero fare un dottor house "buono": il problema è che house non è MAI stato cattivo! io la televisione italiana no la guardo più da sei mesi. mi vergogno. te l'immagini le facce dei capostruttura rai/mediaset/sky a presentargli un concept di uno psicologo con 4 pazienti? o di un aereo che cade su un'isola che nessuno riesco a scoprire dov'è? o di una famiglia di mafiosi? che schifo... gli sceneggiatori italiani sono le persone più sfigate che abbia incontrato. tiè.

Unknown ha detto...

I remember reading this review in The New Yorker a while back, I'd like to have seen the 'Tell Me You Love Me" series mentioned. Happy viewing there in Bo!

http://www.newyorker.com/arts/critics/television/2008/02/04/080204crte_television_franklin