mercoledì 22 agosto 2007

Diario Norvegese 2

Circolo Polare Artico, 22 agosto 2007


Il ragazzo viaggia con la madre, vengono da Monaco di Baviera e appartengono ad una aristocratica famiglia tedesca. E’ per questo che quando la madre, ormai sui trent’anni, rimase incinta di un amico di famiglia, di buona famiglia, ma pur sempre sposato, si cercò di mettervi una pietra sopra. Ventotto anni fa, questa è infatti l’età del ragazzo, non dava più scandalo una “ragazza madre”. Ovunque fuorchè nella loro famiglia, una delle più rinomate della Germania.
Lei, la madre, aveva però voluto avere a tutti i costi quel figlio che, nel corso degli anni, man mano che si faceva ragazzo, lei aveva trasformato nell’unico oggetto d’amore della sua vita, non tanto e non solo di amore materno. Al ragazzo quindi non era rimasta altra possibilità che assumere quell’aspetto da “nato vecchio” che non lo fa per niente sfigurare a bordo di questa arzilla crociera.
Al terzo giorno di navigazione la meta è il ghiacciaio Svartisen, il secondo più grande della Norvegia, e un piccolo villaggio di pescatori sulla costa Helfeland.
Bjørq Sørensen non è nata qui, “ma in città”, tiene a precisare. A Bodø, secondo centro per importanza nella Norvegia del nord, 44mila abitanti, molti dei quali giovani, dal momento che la città vanta tra i migliori centri di ricerca e le migliori scuole tecniche del Paese. Per il resto, poco altro da vedere, perchè la città è stata completamente ricostruita tra gli anni Cinquanta e Sessanta secondo una architettura di poco valore.
Støtt, ecco il nome del paese di Biørq, sono 48 anime oltre il Circolo Polare Artico, oltrepassato questo mattina alle 7. Qui Biørq ha avuto i suoi tre figli, che però ora vivono in città, uno anche a Oslo.
Si vede che Biørq è una di città, per come si veste: una camicia di cotone bianca a piccolo righe nere, inamidata, chiusa fino al collo e coi polsini abbottonati, un paio di pantaloni blu con scarpe in tinta, unghie smaltate in chiaro (un vezzo inaspettato) e i capelli raccolti in un concio sul basso della nuca.
Quando arriva l’imbarcazione dei turisti, lei si affaccia sul molo a riceverli, poi si mette immediatamente dietro la cassa del suo emporio “AS Sømersen Sønner”, un ipermercato in miniature: libri, chiodi, stivali di gomma, etichette gommate per le spedizioni postali, vestiti per bebè, sciroppo per la copertura dei dessert, lasagne Knorr, matite, carta per avvolgere sandwich, mignon di liquori, cartoline, il calendario con le foto d’epoca degli abitanti di Støtt e molto altro. L’edificio del negozio è del 1750 – stando almeno a quanto recita un foglietto per turisti – ed è in coabitazione con l’ufficio postale; il telegrafo arrivò qui nel 1894. C’è un forno per il pane, anch’esso di vecchia data, l’elettricità è arrivata attorno al 1950 quando, in un momento di ottimismo, costruirono un nuovo edificio per accogliere la scuola locale attiva da decenni. Oggi è chiusa. Dei 114 abitanti che si contavano nel 1969 ne rimangono del resto meno della metà. Bjørq ha ovviamente una gran voglia di chiacchierare e così racconta al ragazzo che lei da qui, dieci anni fa, ha preso su per andare a vedere l’Italia: Roma, Firenze, Venezia, Siena, Ravenna.
“E Casablanca”, aggiunge. Non che non sappia che Casablanca è in Marocco, ma visto da qui, laggiù è tutto sud.
Støtt sarà anche in capo al mondo, ma non poi così fuori dal mondo. Ogni giorno vi approdano molte barche di turisti ma soprattutto di pescatori. Nel 1910 erano almeno un migliaio i pescatori che gravitavano attorno a questo posto. Un giorno si spazientirono perchè con così tanta gente in circolazione non c’era abbastanza acqua potabile. Quindi scrissero un telegramma alle autorità di Oslo. Per errore scappò uno zero in più, facendoli diventare diecimila, una cifra esorbitante, inimmaginabile, temibile quasi per le autorità che, infatti, provvidero subito a mandare acqua potabile.
Il ragazzo prende nota di tutto, scatta foto, gironzola per quelle quattro case sparse in mezzo alla brughiera e la madre non lo perde mai di vista. Non è preoccupata che il suo bambino possa smarrirsi o farsi del male. Ha solo paura di perdere il suo unico oggetto d’amore.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

finalmente sono entrata, bello.
s.

Anonimo ha detto...

bella la foto dell'ufficio postale, un po' più a sinistra e sarebbe diventata anche un autoritratto perchè ti saresti specchiata nel vetro in fondo...
oscar