Serpeggia l'irrequietezze questa sera. Allora prendo il computer e vago su Internet, alla ricerca di niente, alla ricerca di qualcosa, alla ricerca di un passaggio per...., un biglietto per...., uno svago, un'idea. Voglia di....non si sa cosa. Finisco sui trailer di Sex and the City, il film, in uscita in Italia il prossimo maggio - così è annunciato, ce lo promettono. Ah, ecco: Sex and the city! In altri momenti aveva funzionato, aveva funzionato da evasione, da svago, un passaggio per.... Proviamo, allora, con qualche episodio. Male che vada sento parlare inglese per trenta minuti.
La libreria di casa fornisce la serie n.4 e finisco sull'episodio in cui Carrie dice no ad Aiden, la scema. I due sono lì, vestiti da sera davanti a una fontana che zampilla nella notte della Grande Mela, la città che non dorme mai. Lui le dice che quel vestito che porta addosso lo ha a noleggio per altre tredici ore, "e allora prendiamo l'aereo, andiamo alla Las Vegas e diciamo sì". Lei dice che non è pronta, che non ha bisogno di un pezzo di carta, non basta stare insieme? E bla bla bla. E si badi che nemmeno io sono una fanatica dell'anello. Tutt'altro. Ma la mattina dopo lui se andrà di casa. Ed è un gran peccato. Qualche puntata dopo ricomincerà il tormentone Mr.Big. E se siete o siete stati Sex-and-the-city addicted, potete capire di che cosa sto parlando. Altrimenti ho pietà di voi.
L'irrequietudine non è passata. Il sonno non è arrivato.
"Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa - non importa quanti esattamente - avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m'interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. E' un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m'accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell'anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c'è nulla di sorprendente in questo. Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l'altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l'oceano".
E' l'incipit di Moby Dick. E chiedo scusa se ho mischiato (forse) il diavolo e l'acqua santa. Ma si avvicina mezzanotte e ancora non ho capito cosa....
La libreria di casa fornisce la serie n.4 e finisco sull'episodio in cui Carrie dice no ad Aiden, la scema. I due sono lì, vestiti da sera davanti a una fontana che zampilla nella notte della Grande Mela, la città che non dorme mai. Lui le dice che quel vestito che porta addosso lo ha a noleggio per altre tredici ore, "e allora prendiamo l'aereo, andiamo alla Las Vegas e diciamo sì". Lei dice che non è pronta, che non ha bisogno di un pezzo di carta, non basta stare insieme? E bla bla bla. E si badi che nemmeno io sono una fanatica dell'anello. Tutt'altro. Ma la mattina dopo lui se andrà di casa. Ed è un gran peccato. Qualche puntata dopo ricomincerà il tormentone Mr.Big. E se siete o siete stati Sex-and-the-city addicted, potete capire di che cosa sto parlando. Altrimenti ho pietà di voi.
L'irrequietudine non è passata. Il sonno non è arrivato.
"Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa - non importa quanti esattamente - avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m'interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. E' un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m'accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell'anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c'è nulla di sorprendente in questo. Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l'altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l'oceano".
E' l'incipit di Moby Dick. E chiedo scusa se ho mischiato (forse) il diavolo e l'acqua santa. Ma si avvicina mezzanotte e ancora non ho capito cosa....